Storia della Parrocchia
Breve storia della Parrocchia S.Maria Nascente, della Città di Meda e del Monastero di S. Vittore:
La storia di Meda si intreccia fin dalle origini con quella dell'insigne Monastero di S. Vittore. Secondo una leggenda, nel secolo VIII, Aimo e Vermondo, conti di Turbigo, durante una battuta di caccia in Brianza furono inseguiti dai cinghiali fino ad un luogo dove sorgeva una chiesa dedicata a S. Vittore Martire. Qui trovarono "due lauri di meravigliosa grandezza" su cui si arrampicarono, trovando scampo. Poiché i cinghiali non si allontanavano, i due fecero voto che, se si fossero salvati, avrebbero fondato un monastero dedicato a S. Vittore. Dio esaudì le loro preghiere e Aimo e Vermondo "fondarono in onore del santo e glorioso S. Vittore Martire, un nobile monastero di Sante monache seguenti la regola di S. Benedetto". Il documento più antico che cita il monastero di S. Vittore risale al 851, mentre il toponimo Meda lo si trova per la prima volta in una pergamena del 856. Il monastero, riccamente dotato di beni, estendeva la sua autorità - ribadita nel 1024 dall'Imperatore Enrico II - sopra un vasto territorio, comprendente Meda e parte dei comuni limitrofi.
Da documenti rinvenuti nell'archivio del monastero si apprende che, fino al 1252, la Badessa di San Vittore ebbe ad esercitare diritti di signoria. In un lascito del 1036 si menziona, per la prima volta, la chiesa di S. Maria, che è senza dubbio quella che più tardi diverrà la parrocchiale, la chiesa era indipendente dal Monastero di S.Vittore il quale, divenuto però sempre più potente a livello economico oltre che politico e religioso, la inglobò e si arrogò ogni diritto su di essa, primo fra tutti quello di sceglierne il cappellano o vicario. Il Monastero "...esercitava piena ed assoluta giurisdizione su tutto e su tutti, specialmente di eleggere il sacerdote Vicario che a suo nome governava la parocchia immettendolo al possesso della Vicaria colla imposizione del berretto che il sacerdote nominato doveva ricevere inginocchiato, dalle mani della Badessa, ed alla presenza delle Monache...". La decisione segnò l'inizio di una serie interminabile di reazioni. Nel frattempo i medesi che avevano iniziato a costruire su un terreno che non era di proprietà del Monastero una nuova chiesa si trovarono a fronteggiare sia l'opposizione della Badessa che, documenti alla mano, dimostrava come non potesse essere costruita nessuna chiesa a Meda senza suo permesso.
Visti vanificare proteste e ricorsi centosessanta capifamiglia decisero di demolire le loro case e, riutilizzandone i materiali da costruzione, ricostruirle fuori dal dominio del Monastero. Fu di nuovo contesa ed arrivò ai Consoli di Giustizia di Milano i quali emisero una sentenza che, da una parte, confermava la posizione del Monastero per le case costruite con materiali provenienti dai suoi territori che non potevano essere riusati, dall'altra, confermava la posizione dei medesi per le poche case rimanenti.
Si arrivò così alla stipulazione della Convenzione del 10 dicembre 1252 che fu importante per la storia del Comune ma nulla cambiò in quella della Parrocchia: il Monastero mantenne infatti intatti i suoi diritti sulla chiesa di S.Maria Nascente e sulla nomina del cappellano anche se concesse ai medesi di ricostruire, con legno, paglia, qualche tegola ma senza torre campanaria, il campanile. A questo punto del nostro racconto viene spontaneo chiedersi com'era la chiesa per cui tanto si lottava. Ci aiuta nella ricostruzione una descrizione dell'ottobre 1567 di Leoneto da Clivone che, per conto di San Carlo Borromeo, compì a Meda una Visita Pastorale. Nel suo resoconto ci parla di una chiesa lunga 17 braccia e larga 10, coperta solo di tegole, senza sagrestia, col pavimento in disordine, due specie di sacrari uno a destra dell'altare e uno a sinistra dell'ingresso, entrambi a terra e senza coperchio. Le pareti sono descritte disadorne e con crepacci. Gli altari risultano essere tre: al centro l'altare maggiore, quello dedicato a S.Antonio a destra e quello di S.Sebastiano a sinistra.
Il visitatore sottolinea che il parroco vi celebrava Messa nei giorni festivi e il lunedì. In cambio, oltre all'alloggio in una casa con orto attigua alla chiesa, riceveva dal Monastero 100 lire imperiali, 3 moggia di frumento, 8 brente di vino, 2 carri di legna e metà delle candele che i dolenti acquistavano e usavano in occasione dei funerali e poi offrivano alla chiesa.
Forse anche in seguito alla descrizione di Leoneto, nel 1581, in occasione di una Sua Visita Pastorale S.Carlo " ...Prescrisse che si fabbricasse una nuova Chiesa nel luogo della già esistente troppo piccola con un campanile sul quale si dovessero porre almeno due campane. Inoltre" prosegue il Liber Chronicus "salvo i diritti del Monastero per la nomina del Rettore della Cura, dichiarò perpetuo ed inamovibile il Rettore stesso che prima era considerato semplice delegato delle Monache ad esercitare la cura delle anime...".
Inutile dire che le richieste del Cardinale aggiunsero occasioni di controversia a quelle già esistenti e costrinsero più volte i suoi successori ad intervenire fra medesi e Monastero per sedare, conciliare, costringere a rispettare gli accordi. Ogni pretesto serviva alla battaglia per l'emancipazione dal Monastero. Per ragioni di brevità ci limitiamo a ricordare due episodi fra i tanti esplicativi delle tensioni esistenti: uno relativo al 1600 -la questione della Croce- e uno relativo al 1700 -la controversia delle campane-.
La questione della Croce era una diatriba sorta fra la scuola del SS.Sacramento istituita dai medesi e a cui erano demandate le questioni di ordine religioso e il Monastero circa l'uso in processione di una Croce in rame balzato di proprietà della scuola o d'argento di proprietà del Monastero. La questione durò anni sostenuta, per conto del Monastero, da Mons.Pietro Lattuada, per conto dei medesi, dal conte Pirro de Capitanei e, nel 1688, vide l'intervento della Curia milanese ad imporre, per ristabilire la pace, l'uso di una terza Croce: quella della Pieve di Seveso.
La controversia delle campane ebbe invece inizio alla fine di dicembre del 1736 quando ci si rese conto che la campana maggiore del campanile era rovinata e, il 6 gennaio, all'insaputa della Badessa, venne tolta, probabilmente con l'intento di sostituirla con una acquistata con sottoscrizione popolare. Il Monastero però, in brevissimo tempo, a riconferma della sua supremazia, la sostituì. La notte stessa la nuova campana fu fatta precipitare. La Badessa chiese allora l'intervento, da Milano, dell'Avvocato fiscale ma i medesi lo attesero vicino al convento di S.Pietro Martire e lo misero in fuga con il suo seguito di 6 soldati.
Il giorno successivo, scortato da molti più militi, l'Avvocato entrò in paese, fece ricollocare la campana e diede inizio all'ennesimo processo della nostra storia.
Paradossalmente perché la chiesa di S.Maria Nascente potesse vivere tempi tranquilli dovette attendere la Rivoluzione Francese e precisamente il 27 maggio 1798 quando il Monastero di S.Vittore fu soppresso e, dopo alcuni mesi, il complesso che lo ospitava fu acquistato da un fornitore dell'esercito francese Giovanni Giuseppe Maunier.
È dunque nel 1800, a prescindere dal miracolo del S.Crocifisso del 2 agosto 1813, che S.Maria Nascente inizia una normale vita di parrocchia e, specie attraverso gli scritti dei suoi Parroci, permette a noi parrocchiani del duemila di ripercorrere non solo la storia religiosa ma anche (e forse meglio di quanto non permettano le fonti civiche) sociale e civile dei nostri avi.
Il miracolo del S.Crocifisso
"...nella notte precedente il 2 agosto, dopo le ore 12, si vide nelle oscure, agitate nubi un apparato di minaccioso temporale e tra le 2 e le 3, venne una grandine impetuosissima, accompagnata da un vento gagliardo... Verso le 5 nel tempo in cui si celebrava la S.Messa... un momento prima dell'Offertorio scoppiò il fulmine nel Coro di detta Chiesa, la quale era piena di popolo al n. più di 500 persone. Questo fulmine s'è ravvisato ch'è disceso dal campanile, piegò alla sagrestia, forò il muro appresso al ripostiglio dei SS.Olii degli infermi in retta linea all'altare maggiore, ripercosse nell'opposta parete... spense tutti i lumi, rovesciò il Calice, cosperse la Mensa di terra, diede un'elettrica scossa al braccio sinistro del celebrante, e non si sa come, si vide egli dall'Altare trasportato dietro il Coro, il quale era affollatissimo d'uomini, che assistevano alla Messa cantata.
In quell'istante fu vista come una palla fiammivora di grosso calibro di fuoco, che scoppiando riempì di fiamme e di vive scintille il detto coro, e la vampa lumeggiò in un subito tutta la Chiesa. Il fragore dello scoppiamento ed il fumifero sulfureo... rovesciò la maggior parte del popolo, e più le donne sul suolo. La gente più lontana e quei che stavano sul limitare della porta alzarono in fuggendo spaventevoli grida esclamando: "Aiuto Signore, Aiuto Santo Crocifisso". ...Per la grande misericordia del Signore Iddio e mercè il Santuario miracoloso del SS.Crocifisso che si venera in questa Chiesa non che dei SS.Protettori, non restò offeso, in mezzo a tanto terribile spettacolo che il sagrista minore, ed un altro uomo del coro, in mezzo ai quali passò il fulmine. L'uomo si riebbe in poche ore ed al sagrista lasciò una striscia sanguigna sulla schiena, che scende sino alla gamba sinistra, ove finisce con un segno serpentino... ma nonostante il Chirurgo lo giudicò sanabile.
...Dai Signori Fabbricieri della Chiesa a dal Priore Signor Pietro Busnelli col consenso del Parroco e dietro il desiderio del popolo, si ordinò immediatamente un triduo divoto da farsi dando la Benedizione dell'Augustissimo Sacramento in detti tre giorni alla sera in rendimento di grazie al Dio Ottimo e Massimo. Ogni anno del detto giorno 2 agosto, si celebrerà la Messa cantata all'Altare del SS.Crocifisso e si darà la Benedizione in rimembranza della singolarissima grazia ricevuta."
Consultando le carte del suo archivio sappiamo che nella seconda metà del 1800 cominciò a profilarsi il problema di una chiesa più ampia e i medesi, impossibilitati da ragioni burocratiche a costruirne una nuova, ampliarono la vecchia con l'aggiunta di due navate, un'arcata in fondo alla navata maggiore, altare e nuovo campanile che, negli anni venti del 1900, dopo la costruzione di una seconda arcata ospitò otto campane ma veniamo anche a conoscenza di notizie relative alla situazione demografica, economica e sociale della nostra gente e scopriamo una vivace e crescente attività dei laici cattolici. Accanto alle organizzazioni con tradizione ormai secolare come la Confraternita del SS.Sacramento (approvata nel 1728) a partire dall'ultimo decennio dell'ottocento si rafforza l'impegno socio-politico dei cattolici. Dall'aprile 1896 è attivo un Comitato parrocchiale "sorto... ...per comando del Sommo Pontefice Leone XIII, inculcata specialmente tale istituzione dall'Eminentissimo Cardinale Andrea Ferrari Arcivescovo di Milano, favorito in speciale modo dal Rev.mo Parroco di Meda Sig.don Giovanni Trabattoni...". Il Comitato (che negli anni 1898/1899 segue la sorte di tutte le Società considerate Sovversive dal Governo) fa riferimento all'Opera dei Congressi, organizza conferenze pubbliche e private, sensibilizza i parrocchiani su temi di attualità, sollecita la formazione di una opposizione democratica, istituisce persino una biblioteca circolante e vive un forte impegno politico a livello locale. Leggendo il suo Libro dei Verbali conservato nell'Archivio Parrocchiale ricostruiamo la capillarità con cui i soci conducevano la propaganda elettorale e i risultati ottenuti. La sua fervente attività non riesce però a sopravvivere a lungo allo scioglimento dell'Opera dei Congressi decisa dalle Autorità ecclesiastiche. Sono ancora le relazioni stilate dal Parroco a darcene notizia. In quella redatta in occasione della Visita pastorale del 1907 troviamo ancora segnalati 30 iscritti al Comitato e 300 alla Lega del Lavoro, in quella del 1912 invece Comitato e Lega non sono più segnalati. Ciò significa due cose, entrambe ricavabili dall'incrocio di notizie tratte da documenti d'archivio e testi storici. Innanzitutto che, nella vita della parrocchia del primo novecento, non viene meno l'impegno e la presenza dei laici solo torna ad orientarsi in prevalenza verso organizzazioni tradizionali come La Confraternita del SS.Sacramento e le varie Pie Unioni articolate per settore dalle Madri cristiane ai Luigini, alle figlie di Maria. In secondo luogo che, nella vita della nostra parrocchia come in quella della Chiesa italiana, sta lentamente maturando una nuova associazione laicale: l'Azione Cattolica la quale, soprattutto a partire dalla nascita del Partito Popolare di don Sturzo (1919) e dalla conseguente più marcata divisione di compiti fra A.C., sindacato, partito, inizia la sua riorganizzazione (Statuti del 1923). In questi anni si mantiene forte in parrocchia il fervore religioso tanto che la chiesa, rispetto alla pratica religiosa del tempo, appare troppo piccola. Il Card.Schuster sollecita con insistenza il parroco a trovare un'adeguata soluzione al problema. Fra le carte d'Archivio, in data 14 dicembre 1930, troviamo scritto dal prelato: "...Io voglio a Meda una vasta chiesa, parrocchiale, rispondente alla popolazione, la voglio ex novo, in posizione comoda al popolo...". Inizia così per il parroco di allora ma anche per tutti i suoi successori e per tutti i parrocchiani del tempo e futuri l'"avventura della costruzione della nuova chiesa" di S.Maria Nascente.